Fuga dei cervelli dal Sud: ecco quanto costa, report Censis-Confcooperative
Il report Censis-Confcooperative analizza la fuga dei cervelli dal Sud: una perdita di 134mila studenti e 36mila laureati per 4 miliardi.
Il fenomeno della fuga dei cervelli dal Sud Italia rappresenta un'emorragia costante di risorse umane ed economiche. Secondo il recente focus Censis–Confcooperative, "Sud la grande fuga", il Mezzogiorno perde non solo i suoi giovani talenti, ma anche ingenti investimenti economici. Ogni anno, 134mila studenti e 36mila laureati si spostano, con una perdita netta stimata in oltre 4 miliardi di euro.
L'emorragia studentesca e le difficoltà degli atenei
Il report "Sud la grande fuga" dipinge un quadro allarmante della mobilità studentesca, evidenziando come 134mila giovani meridionali scelgano ogni anno di iscriversi presso gli atenei del Centro-Nord, un fenomeno che impoverisce il capitale umano locale in modo significativo. Questa migrazione non solo sottrae al Mezzogiorno la potenziale futura classe dirigente, ma mette anche in luce le profonde difficoltà strutturali delle università del Sud, che faticano a trattenere i propri residenti.
Le università meridionali dimostrano una scarsa capacità attrattiva anche verso l'esterno, come conferma il dato sui flussi inversi: meno di 10mila giovani del Centro-Nord scelgono di studiare al Sud, nonostante vantaggi oggettivi come il clima e il patrimonio archeologico. Le destinazioni preferite per gli studenti in uscita sono le grandi metropoli universitarie come Roma, Milano e Torino, che beneficiano direttamente di questo trasferimento di risorse umane e intellettuali.
Fuga dei cervelli dal Sud: il pesante impatto economico
Le conseguenze di questa migrazione interna non sono solo sociali, ma hanno un impatto economico diretto e misurabile sui bilanci universitari, con le casse degli atenei del Sud che registrano una perdita secca di 157 milioni di euro ogni anno. Queste risorse finanziarie non vengono perse dal sistema nazionale, ma si spostano geograficamente, andando a rimpinguare i bilanci delle facoltà del Centro-Nord per un ammontare complessivo stimato in 277 milioni di euro annui.
In questa cifra considerevole sono inclusi anche i 120 milioni di euro che le famiglie meridionali spendono annualmente per sostenere i costi di mantenimento dei figli fuori sede, configurando un ulteriore drenaggio di liquidità dal Sud. A questo esodo di studenti si aggiunge poi un fenomeno parallelo e altrettanto preoccupante, ovvero la migrazione sanitaria, con circa 1 milione di cittadini italiani, prevalentemente del Sud, che cercano cure mediche nei nosocomi del Nord, più certi della qualità delle prestazioni settentrionali.
Il costo degli investimenti formativi svaniti
Il Mezzogiorno, come evidenziato dallo studio, si trova in una situazione paragonabile a quella di un albero sfrondato in autunno, poiché all'esodo degli universitari si somma quello dei giovani ad alta qualificazione. Si tratta di 36mila laureati che, dopo aver completato il loro percorso formativo nel Sud, scelgono di trasferirsi altrove, dividendosi tra il Centro-Nord Italia e destinazioni estere sempre più attrattive.
Il calcolo del danno economico è impietoso: lo studio stima che l'investimento complessivo, pubblico e privato, per formare un ragazzo dalle elementari alla laurea sia pari a 112.000 euro. Se si moltiplica questa cifra per i 13mila giovani che sono partiti per l'estero, emerge una perdita secca di 1,5 miliardi di euro, mentre i 23mila trasferiti nel Centro-Nord generano una perdita di 2,6 miliardi. Il totale ammonta a 4,1 miliardi di euro: soldi investiti dal Sud per formare una classe dirigente che, tuttavia, sceglie di applicare altrove il proprio bagaglio conoscitivo e professionale.