Galimberti: 'Genitori distratti, scuola assente e giovani senza desiderio'

Galimberti denuncia il fallimento educativo italiano: genitori distratti, scuola inefficace, società individualista e giovani privi di desiderio e civismo

15 giugno 2025 19:00
Galimberti: 'Genitori distratti, scuola assente e giovani senza desiderio' - Umberto Galimberti
Umberto Galimberti
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Nel suo intervento al Teatro di Minerbio, Umberto Galimberti ha lanciato un grido d’allarme sulla “condizione giovanile oggi”. Un'analisi durissima che parte dalla famiglia, passa per la scuola e arriva alla società, accusata di aver dimenticato il valore educativo collettivo, generando giovani disillusi, senza desiderio né senso civico

Galimberti: la famiglia e l’infanzia ignorata

Per Galimberti, la famiglia è il primo fallimento educativo. I genitori, dice, “pensano che i figli crescano come le piante”, lasciandoli senza guida e privi dell’attenzione emotiva necessaria nei primi anni di vita. Richiamando Freud, sottolinea che nei primi sei anni si formano in modo definitivo le mappe cognitive ed emotive: ciò che non viene acquisito in questa fase non può essere recuperato. La disattenzione quotidiana – una madre stanca che rimanda al “domani” l’ascolto di un figlio – lascia ferite profonde nell’identità infantile. Un’infanzia immersa in cartoni, cellulari e babysitter sostituisce la relazione con presenze digitali e fredde.

Il regalo come annullamento del desiderio

La critica di Galimberti si fa ancora più tagliente quando affronta il tema dei regali. “Un regalo uccide il desiderio, perché il desiderio è mancanza”, afferma. Riempire le stanze dei bambini di giocattoli significa impedire loro di desiderare davvero qualcosa, spegnendo così l’immaginazione e la curiosità. Il risultato è una gioventù apatica, disinteressata a tutto, che fatica a costruire un proprio percorso di senso e motivazione. Il filosofo attacca l’eccesso come forma moderna di abbandono, una copertura materiale che maschera un vuoto affettivo profondo.

Galimberti: una scuola che non educa più

Anche la scuola, secondo Galimberti, ha smesso di educare. Solo la primaria conserva una “parvenza” educativa, mentre dalle medie in poi si entra nel deserto. La trasformazione degli istituti in “cliniche” piene di alunni etichettati come dislessici, discalculici, disgrafici, riflette una società in cui i genitori cercano scorciatoie per tutelare i figli, anche attraverso diagnosi forzate. L’educazione viene così svuotata del suo significato formativo, diventando un percorso facilitato che non insegna né la fatica né il valore dell’apprendimento. La scuola abdica al suo ruolo, lasciando i ragazzi in balia di una crescita inconsapevole.

Società individualista e cultura dell’evasione

Galimberti allarga infine lo sguardo alla società, colpevole di anteporre l’individuo alla collettività. L’identità, afferma, “è un dono sociale”, costruita attraverso il riconoscimento dell’altro. Il cristianesimo, invece, avrebbe alimentato un’anima da salvare individualmente, invertendo la priorità. Questo ha generato una cultura in cui l’evasione fiscale vale 80 miliardi l’anno, ma non viene percepita come un reato sociale grave quanto la violenza. Sanità e scuola collassano, ma il senso civico resta assente. Finché prevarrà questa logica, conclude il filosofo, l’Italia resterà incapace di educare i propri cittadini.