Giovani e IA, Crepet: 'Rischio declino cognitivo'
Crepet avverte: l’intelligenza artificiale sta favorendo il declino cognitivo dei giovani. QI in calo, lettura in crisi


Lo psichiatra Paolo Crepet lancia l’allarme sul futuro cognitivo delle nuove generazioni: l’uso eccessivo dell’intelligenza artificiale rischia di alimentare pigrizia mentale, perdita di spirito critico e isolamento sociale. Con il QI in calo da decenni e oltre 70mila giovani già dipendenti dai chatbot, lo scenario appare preoccupante.
La metafora del banco dei pegni
Intervistato a margine di un incontro pubblico a San Benedetto del Tronto, Crepet ha descritto l’intelligenza artificiale come “un banco dei pegni”, dove l’uomo consegna le proprie ricchezze interiori in cambio di un apparente vantaggio immediato. Per il noto psichiatra si tratta di una “povertà di spirito”, perché anche la speranza viene ceduta alla macchina. La società – ha aggiunto – misura ormai la qualità della vita solo attraverso il possesso materiale, dimenticando che il pensiero non si possiede, ma va creato e difeso. Da qui l’appello a ritrovare la gioia del fare, del pensare e dell’affrontare le difficoltà senza rifugiarsi nelle scorciatoie tecnologiche.
QI in calo e perdita di capacità critica
Il quadro tracciato da Crepet è supportato da diversi studi che evidenziano il declino del quoziente intellettivo negli ultimi 30 anni. In Italia il livello medio tra gli adolescenti è sceso di sei punti in un quarto di secolo, con conseguenze sulla capacità di adattamento e di ragionamento critico. Gli esperti parlano di “effetto Flynn inverso”, già documentato da ricerche norvegesi su centinaia di migliaia di test cognitivi. Le cause sarebbero principalmente ambientali: la qualità dell’istruzione, l’uso massiccio dei media digitali e la drastica riduzione della lettura. Oggi solo il 35% dei ragazzi legge almeno un libro all’anno, contro il 60% registrato negli anni ’80, un dato che segnala un impoverimento culturale con ricadute sull’intero sistema educativo.
Giovani e dipendenza dall’IA
Parallelamente cresce la dipendenza dei giovani dai chatbot e dagli strumenti di IA. Studi condotti dall’Università di Stanford rivelano che un uso intensivo provoca pigrizia cognitiva, riduzione del pensiero critico e perfino sintomi di ansia o crisi di astinenza in caso di impossibilità di accesso. Secondo Crepet, l’IA rappresenta la “forza più straordinaria e conservatrice”: capace di rigenerare ciò che già esiste, ma priva della possibilità di creare davvero senza il contributo del cervello umano. L’invito dello psichiatra è a recuperare la fatica del pensare, a sporcarsi le mani con il futuro e a coltivare l’autonomia intellettuale, per non rischiare di diventare “idioti isolati” in balia della tecnologia.