INPS, stipendi e mercato del lavoro: salari bassi e occupazione precaria per milioni di italiani
Secondo un rapporto INPS, oltre 6mln di lavoratori italiani guadagnano meno di 15mila euro l’anno. Contratti brevi, stipendi bassi e inflazione in aumento.


Un'analisi approfondita dei più recenti dati pubblicati dall’INPS smentisce la percezione diffusa di una crescita dei salari e di una maggiore stabilità lavorativa in Italia. Secondo il rapporto, circa 6,2 milioni di lavoratori del settore privato percepiscono meno di 15mila euro lordi all’anno, equivalenti a poco più di 1.000 euro netti al mese. Questa fascia rappresenta ben il 35,7% della forza lavoro complessiva. Allargando la soglia a 25mila euro lordi, la quota sale al 62,7%, coinvolgendo quasi 11 milioni di persone. Il dato mette in luce una condizione di diffusa fragilità retributiva, in netto contrasto con le narrazioni ottimistiche sul mercato occupazionale.
INPS, contratti a termine e part-time i più penalizzati: guadagni annuali medi inferiori ai 12mila euro
I lavoratori con contratti a termine e quelli impiegati con contratti part-time risultano essere i più colpiti da una condizione economica sfavorevole. I primi percepiscono in media 10.300 euro lordi all’anno, mentre i secondi si fermano a 11.800 euro. Ancora più critica è la situazione di chi combina entrambe le tipologie contrattuali: in questo caso, il reddito annuo medio scende a soli 7.100 euro. Questi dati evidenziano come la precarietà contrattuale e l’assenza di una continuità lavorativa stabile rappresentino fattori chiave nella compressione dei redditi individuali, aggravando il divario sociale e rendendo difficile una pianificazione economica a lungo termine per milioni di famiglie.
Inflazione e aumenti salariali insufficienti: il potere d’acquisto continua a calare, lo dice l'INPS
Nel 2023, l’inflazione ha toccato il 5,9%, erodendo sensibilmente il potere d’acquisto dei lavoratori italiani. A fronte di questa crescita dei prezzi, gli aumenti salariali medi del 3,5% non sono stati sufficienti a compensare la perdita reale del valore del denaro. Questa dinamica ha inciso in modo particolare sui lavoratori a basso reddito, i quali, già penalizzati da contratti instabili e retribuzioni minime, si trovano oggi a fronteggiare una doppia crisi: salariale e inflazionistica. La discrepanza tra retribuzioni e costo della vita rende evidente l’urgenza di interventi mirati per salvaguardare il potere d’acquisto delle fasce più vulnerabili della popolazione.
Contratti brevi e interruzioni continue: l’83% dei rapporti di lavoro si chiude entro un anno
Un altro dato allarmante riguarda la discontinuità occupazionale. Nel 2023, oltre l’83% dei contratti cessati ha avuto una durata inferiore a 12 mesi, mentre il 51% si è concluso entro 90 giorni. Questa precarietà cronica impedisce la costruzione di un percorso lavorativo stabile e limita l’accesso a benefici previdenziali e tutele. La fotografia scattata dall’INPS sottolinea una realtà strutturalmente instabile, che mina le basi stesse della sicurezza economica individuale e collettiva. Appare dunque sempre più necessario un intervento strutturale volto a garantire contratti duraturi e salari dignitosi, in grado di rispondere concretamente alle esigenze di milioni di lavoratori.