Novara: 'Basta padri peluche, torni il padre educatore'

Per Daniele Novara il padre non deve punire ma educare: ascoltare, guidare e attraversare il conflitto per costruire relazioni autentiche.

10 ottobre 2025 11:06
Novara: 'Basta padri peluche, torni il padre educatore' - pedagogista Daniele Novara
pedagogista Daniele Novara
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Nel pensiero pedagogico di Daniele Novara, il padre non deve essere né autoritario né compiacente, ma un educatore capace di guidare senza punire. L’educazione autentica nasce dal conflitto gestito con ascolto, coerenza e presenza. Il modello del “padre-educatore” sostituisce quello del “padre-padrone” e del “padre-peluche”, promuovendo relazioni fondate sul dialogo.

Dal padre-padrone al padre-educatore

Durante l’incontro “Il bisogno degli adolescenti di un padre educativo”, tenuto al liceo Repighi e introdotto da Carlo Colombini e Marta Versiglia del CPP, Daniele Novara ha ribadito la necessità di superare due modelli ormai inadeguati: il padre autoritario e il padre deresponsabilizzato. Educare senza punire, secondo Novara, non significa rinunciare al proprio ruolo, ma rifiutare la logica sanzionatoria come fondamento del rapporto educativo.
Il padre-educatore non agisce per “mettere in riga”, ma per accompagnare il figlio anche nei comportamenti più difficili, trasformando l’errore in occasione di crescita. In questo paradigma, la punizione non ha alcun valore formativo: genera solo sottomissione o ribellione, ma non responsabilità. Il padre, quindi, non si limita a reagire al comportamento del figlio, ma lavora per costruire significato condiviso dentro la relazione, anche nei momenti di crisi.

Ascoltare per costruire, non per giudicare

Nel modello proposto da Novara, l’ascolto è una pratica educativa, non un semplice gesto di cortesia. Il padre educativo ascolta non per “capire cosa ha fatto il figlio”, ma per mantenere viva la relazione, anche quando non approva il suo comportamento. L’ascolto, in questa prospettiva, non produce giudizio ma possibilità: è lo spazio in cui il figlio può ancora parlare, sbagliare, riformulare sé stesso.
Nel modello del padre-padrone, la parola del figlio veniva interrotta da sentenze e rimproveri. Il padre-educatore, invece, accetta le domande, le esitazioni e i silenzi, perché considera la comunicazione un processo e non un verdetto. Non ha fretta di arrivare alla soluzione: ciò che conta è che il dialogo resti aperto, anche nel conflitto. Così, il controllo lascia spazio alla fiducia reciproca, e la crescita diventa frutto di un cammino condiviso, non di un’imposizione.

L’autorità che si conquista e il valore del conflitto

Per Novara, l’autorità non è un diritto di nascita, ma un risultato educativo. Non si nasce padri autorevoli, lo si diventa con coerenza, presenza e riconoscimento reciproco. Il padre-educatore non impone la propria autorità: la guadagna giorno dopo giorno con il modo in cui si relaziona. Ciò significa anche saper riconoscere i propri limiti, senza che questo comporti un crollo del ruolo genitoriale. L’autorevolezza, infatti, non deriva dal potere ma dalla credibilità costruita nel tempo.
Alla base di tutto c’è il conflitto come esperienza formativa. Nella pedagogia di Novara, il conflitto non è da evitare, ma da attraversare. Il padre-educatore non cerca di eliminarlo, ma di trasformarlo in occasione di apprendimento. Questo richiede strumenti concreti, competenze comunicative e soprattutto la capacità di non confondere la fermezza con la punizione. L’obiettivo non è il controllo, ma la crescita: educare nel conflitto, non contro il conflitto.

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