Pensioni, futuro incerto: il 63% rimane senza un piano integrativo
L'Italia affronta una crisi delle pensioni. Il sistema è sotto pressione e la previdenza integrativa non decolla, specialmente al Sud.
Il futuro delle pensioni in Italia appare critico. L'equilibrio tra pensionati e lavoratori attivi è sempre più precario, con un divario marcato nel Mezzogiorno. Questa situazione mette sotto pressione la sostenibilità del sistema pensionistico pubblico. Nonostante la previdenza integrativa rappresenti una soluzione chiave, la sua adozione stenta a diffondersi tra i cittadini.
Sostenibilità e squilibrio territoriale del sistema
La sostenibilità del sistema pensionistico pubblico italiano è sottoposta a una pressione crescente, con una spesa che supera già il 15% del Pil e previsioni che la vedono oltre il 17% tra quindici anni. Questa tensione finanziaria è aggravata da fattori demografici strutturali, quali la bassa natalità e la maggiore longevità, che mettono a rischio il patto intergenerazionale del welfare nazionale.
A questo si aggiunge un forte squilibrio territoriale, evidenziato dall'ultimo rapporto della CGIA di Mestre, che mostra come nel Mezzogiorno il numero delle pensioni superi già quello dei lavoratori attivi. La Puglia registra il disallineamento più marcato con un saldo negativo di 231.700 unità, mentre le regioni del Centro-Nord, grazie alla buona occupazione, mantengono un saldo positivo robusto.
Pensioni e la frenata della previdenza integrativa
Nonostante il dibattito politico si concentri su misure per rafforzare la previdenza complementare, come l'iscrizione automatica dei neoassunti, i dati mostrano che questo secondo pilastro pensionistico fatica a consolidarsi. A diciotto anni dall'introduzione del meccanismo del "silenzio-assenso" del 2007, che coinvolse milioni di dipendenti, la diffusione dei fondi pensione rimane molto limitata nel panorama italiano.
Le statistiche più recenti indicano che solamente il 38,8% dei lavoratori dipendenti e il 23,7% degli autonomi risultano iscritti a un fondo pensione; percentuali che scendono se si considerano i versamenti attivi. Analizzando un campione di cittadini nati tra il 1961 e il 2000, emerge che ben il 63% risulta occupato senza alcuna copertura complementare oppure è inoccupato.
L'utilizzo del TFR e la forte disparità di genere
Anche l'utilizzo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) come strumento di investimento previdenziale resta marginale, con solo il 23,8% del TFR generato tra il 2007 e il 2024 destinato ai fondi. La maggior parte delle quote resta nelle aziende o confluisce nel Fondo di Tesoreria INPS, evidenziando una scarsa canalizzazione di queste risorse verso la previdenza integrativa.
Un altro tema rilevante è la disparità di genere, evidente sia nel profilo occupazionale sia in quello previdenziale, con meno donne iscritte ai fondi (39%) rispetto agli uomini (61%). Il gender gap occupazionale e salariale si riflette inevitabilmente sul valore delle pensioni erogate, con assegni di anzianità femminili inferiori del 15,4% e assegni di vecchiaia inferiori del 30,1%.