Ritiro sociale e bullismo a scuola: come prevenire il fenomeno degli hikikomori
Il fenomeno hikikomori in Italia cresce: bullismo, solitudine e mancanza di ascolto a scuola spingono molti adolescenti al ritiro sociale e all’isolamento


Il fenomeno degli hikikomori, ovvero il ritiro sociale estremo di adolescenti e giovani adulti, cresce anche in Italia. Isolamento, abbandono scolastico e solitudine sono spesso conseguenze di una mancanza di ascolto e supporto a scuola, insieme a esperienze di bullismo. Questo articolo analizza cause, testimonianze e possibili strategie di intervento
Hikikomori in Italia: dimensioni e caratteristiche del fenomeno
Il termine giapponese hikikomori descrive un fenomeno di ritiro sociale volontario, in cui giovani si isolano quasi completamente, evitando la scuola, le relazioni sociali e riducendo al minimo i contatti anche con la famiglia. In Italia, secondo l’Istituto Superiore di Sanità e il Cnr, sono tra 50.000 e 60.000 i ragazzi tra gli 11 e i 19 anni nella prima fase di isolamento, mentre l’associazione Hikikomori Italia stima tra i 100.000 e 200.000 i ventenni con un ritiro conclamato. L’impatto sociale coinvolge almeno mezzo milione di persone, con famiglie spesso travolte da tensioni, problemi economici e disturbi psicologici.
La storia di Dario, 15 anni, proveniente dalla provincia di Milano, rappresenta un caso emblematico. Un tempo socievole, ha iniziato a chiudersi durante le medie, probabilmente a causa di episodi di bullismo mai confessati. L’ingresso al liceo non ha migliorato la situazione: una pausa scolastica e una crescente dipendenza dai videogiochi hanno aggravato il suo isolamento. I tentativi dei genitori di limitare l’uso di dispositivi tecnologici hanno peggiorato le cose, fino a episodi di violenza e ricoveri d’urgenza. Solo con il sostegno di specialisti e gruppi di mutuo aiuto la situazione ha iniziato a migliorare.
Bullismo: il ruolo della scuola tra prevenzione e mancanza di ascolto
La scuola è spesso il primo luogo dove si manifestano i segnali del ritiro sociale: assenze frequenti, calo del rendimento e isolamento dai compagni dovrebbero allarmare insegnanti e personale scolastico. Tuttavia, la mancanza di una formazione adeguata e di protocolli specifici limita la capacità delle scuole di intervenire tempestivamente.
Gli esperti indicano come fondamentale intervenire nei primi sei mesi dall’inizio del ritiro, privilegiando soluzioni personalizzate e non drastiche come l’home schooling, che rischia di isolare ulteriormente il giovane. Il piano didattico personalizzato può invece trasformare la scuola in un luogo sicuro e di supporto, capace di favorire il reinserimento graduale. Una collaborazione strutturata con i servizi sociali e sanitari è essenziale per costruire interventi efficaci e tempestivi, ma spesso mancano risorse e sensibilizzazione.
Famiglie, disagio psicologico e risposte sociali
Il ritiro sociale genera un impatto devastante sulle famiglie, che spesso si trovano sole e impreparate a gestire la situazione. Frustrazione, senso di colpa e paura di sbagliare alimentano tensioni e conflitti, con ripercussioni sul benessere psicologico di tutti i membri. I percorsi di sostegno psicologico e i gruppi di mutuo aiuto rappresentano un’ancora di salvezza, offrendo supporto e condivisione di esperienze.
Distinguere l’hikikomori da altri disturbi giovanili come la fobia scolare o la depressione è cruciale: mentre la fobia scolare è focalizzata sulla paura specifica della scuola, l’hikikomori implica un isolamento sociale totale, spesso accompagnato da ansia e senso di inadeguatezza. Per questo, una diagnosi accurata è la base per interventi personalizzati ed efficaci.
Modelli innovativi di intervento territoriale cercano di creare reti tra scuole, servizi sociali, associazioni e famiglie per intercettare precocemente i casi a rischio, offrire supporto psicologico e favorire attività di socializzazione. Tuttavia, la mancanza di risorse e la frammentazione degli interventi ostacolano una presa in carico sistematica e duratura dei ragazzi