Taglio Irpef 2026: i docenti con gli stipendi più bassi rischiano di essere esclusi

La Manovra 2026 prevede un taglio Irpef, ma i docenti delle fasce basse rischiano di non beneficiarne. Analisi degli stipendi e impatti.

11 novembre 2025 16:45
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Il taglio Irpef previsto dalla Legge di Bilancio 2026 è in discussione. La modifica al secondo scaglione (28-50mila euro) solleva dubbi sull'impatto reale per i docenti italiani. Molti insegnanti, specialmente quelli neoassunti o con bassa anzianità, potrebbero non vedere benefici significativi. L'analisi Istat suggerisce che la misura avvantaggi maggiormente i redditi alti.

La Manovra 2026 e le perplessità sulla redistribuzione

La Legge di Bilancio 2026 attualmente in fase di approvazione parlamentare introduce una significativa modifica fiscale, concentrandosi sulla rimodulazione degli scaglioni Irpef per stimolare i consumi. La proposta centrale prevede una riduzione di due punti percentuali della seconda aliquota, quella applicata ai redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro, che passerebbe così dal 35% al 33%. Questa misura, pensata per alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, sta però ricevendo analisi critiche da diverse istituzioni riguardo la sua effettiva equità sociale. L'Istat, per voce del suo presidente Francesco Maria Chelli davanti alle commissioni Bilancio, ha sottolineato che, analizzando la distribuzione delle risorse, oltre l'85% dei vantaggi fiscali sarebbe destinato alle famiglie appartenenti ai quinti più ricchi della popolazione.

L'impatto del taglio Irpef sugli stipendi dei docenti

Il recente rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) 2022-24 ha aggiornato le retribuzioni tabellari del personale scolastico, ma un confronto diretto con la Manovra rivela una realtà complessa per molti insegnanti. I docenti della prima fascia, con un'anzianità di servizio compresa tra zero e otto anni, percepiscono stipendi che difficilmente superano la soglia dei 28.000 euro annui lordi, anche includendo elementi accessori come la tredicesima. Per gli insegnanti della scuola dell'infanzia e primaria la retribuzione si attesta sui 22.420 euro, mentre per quelli della secondaria non supera i 24.268 euro, rendendoli di fatto esclusi dal taglio Irpef. I colleghi della seconda fascia (anzianità 9-14 anni) o quelli della secondaria di primo grado che superano di poco la soglia minima beneficeranno di un risparmio fiscale quasi irrisorio, stimabile in pochi euro mensili.

Le fasce di anzianità superiori e il resto del personale ATA

Spostando l'analisi verso il personale con maggiore anzianità, il beneficio economico derivante dalla riforma Irpef aumenta leggermente, pur rimanendo contenuto rispetto ad altre categorie di lavoratori pubblici o privati. Un docente di scuola secondaria di secondo grado con oltre 35 anni di servizio, che rappresenta l'apice della carriera stipendiale, raggiunge una retribuzione tabellare di 37.729 euro, la quale, pur includendo RPD e tredicesima, non supera i 45.000 euro lordi, rimanendo lontano dal tetto massimo dello scaglione. Per quanto riguarda il personale ATA, la situazione è ancora più critica: collaboratori e operatori restano completamente esclusi dalla misura, mentre solo gli assistenti (con un massimo tabellare di 26.050 euro) e i funzionari (ex DSGA, 39.600 euro) rientrano parzialmente nello scaglione, confermando che la manovra non produrrà cambiamenti sostanziali per la maggior parte dei lavoratori della scuola.

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