Tassa sull'oro da investimento, emendamento in Manovra: ipotesi al 12,5% nel 2026
Il governo valuta una tassa sull'oro al 12,5% per regolarizzare lingotti e monete senza documenti, garantendo nuove entrate all'erario.
Il governo studia una nuova tassa sull'oro da inserire nella manovra, ipotizzando un'aliquota agevolata del 12,5% per favorire l'emersione del sommerso. Se dovesse passare questo emendamento alla Manovra 2026, questa misura permetterebbe di regolarizzare lingotti e monete detenuti senza documentazione d'acquisto, offrendo un'alternativa concreta all'attuale tassazione piena sulle plusvalenze. L'obiettivo dichiarato è generare nuove risorse per il bilancio statale attraverso la rivalutazione volontaria dei preziosi accumulati nel tempo dalle famiglie italiane.
Come funzionerebbe la tassa sull'oro
La discussione sulla prossima manovra economica ha evidenziato una proposta tecnica per una rivalutazione fiscale dedicata a chi, al primo gennaio 2026, possiederà fisicamente oro da investimento privo di certificazione, permettendo di regolarizzare la posizione con un'imposta sostitutiva agevolata. Il meccanismo consentirebbe di pagare un'aliquota fissa del 12,5% sul valore nominale dichiarato invece del prelievo del 26% che oggi colpisce l'intero incasso in assenza di documenti d'acquisto originali, offrendo quindi un notevole risparmio potenziale per le famiglie. Questa sanatoria specifica, accessibile su base volontaria entro la scadenza del 30 giugno 2026, mira a trasformare una vasta ricchezza sommersa in risorse attive, garantendo al cittadino un costo fiscale rivalutato e decisamente molto più vantaggioso in caso di future rivendite sul mercato legale dei preziosi.
Le stime sul gettito per l'erario
Le stime elaborate dai tecnici governativi evidenziano che le famiglie italiane detengono una delle riserve auree private più grandi al mondo, calcolata attualmente tra le 4.500 e le 5.000 tonnellate per un valore di mercato complessivo che potrebbe realisticamente sfiorare i 500 miliardi di euro. All'interno di questo immenso patrimonio, l'oro specificamente destinato all'investimento come lingotti e monete ammonta a un volume stimato tra le 1.200 e le 1.500 tonnellate, costituendo un bacino enorme per le casse dello Stato se venisse adeguatamente tassato e fatto emergere. Ipotizzando un'adesione alla misura del 10% da parte dei detentori, l'Erario potrebbe incassare una cifra compresa tra 1,67 e 2,08 miliardi di euro, fondi che risulterebbero essenziali per finanziare la manovra senza dover ricorrere a nuove tasse generalizzate che graverebbero ulteriormente sulla fiscalità generale dei contribuenti.
Rischi e benefici della manovra
Nonostante i benefici economici evidenti, l'iter di approvazione affronta diverse criticità, incluso il rischio concreto che lo scudo fiscale possa agevolare involontariamente il riciclaggio di denaro attraverso la legalizzazione di metalli preziosi di provenienza illecita o difficilmente tracciabile. Sebbene siano previsti controlli rigorosi tramite intermediari autorizzati, esiste un forte ostacolo psicologico poiché molti cittadini vedono l'oro di famiglia come un bene rifugio intoccabile e potrebbero rifiutare di dichiararlo per timore di imposte future o patrimoniali. L'emendamento è attualmente al vaglio del Ministero dell'Economia, che deve bilanciare la necessità di reperire entrate straordinarie con la trasparenza fiscale internazionale, rendendo l'approvazione definitiva della misura tutt'altro che scontata nel prossimo passaggio parlamentare.