Università Bicocca: prof deve risarcisce 619mila euro all'ateneo milanese
Il prof di microelettronica Andrea Baschirotto dovrà risarcire l'Università Bicocca. La Corte dei Conti conferma la sentenza di condanna.
                                                            L'Università Bicocca di Milano riceverà un risarcimento da 619mila euro da un suo docente. La Corte dei Conti ha confermato la condanna per Andrea Baschirotto, luminare di microelettronica. Al centro della vicenda, consulenze non autorizzate svolte per enti esteri e fatturate tramite società in paradisi fiscali.
La sentenza della Corte dei Conti
La sezione d'Appello della Corte dei Conti ha confermato la condanna in primo grado, emessa nel luglio 2023, contro il professor Andrea Baschirotto. Il docente dovrà risarcire l'ateneo milanese per un importo totale di 619.060 euro. La decisione respinge il ricorso presentato dal professore, chiudendo di fatto la vicenda contabile. La questione era emersa a seguito di indagini della Guardia di Finanza condotte tra il 2017 e il 2018. Gli investigatori avevano acceso i riflettori sui compensi percepiti dal docente per attività svolte parallelamente all'insegnamento. Attività esterne che, secondo l'accusa, non sarebbero state autorizzate dall'università.
Le consulenze estere e il ruolo dell'Università Bicocca
Il docente è accusato di aver svolto numerose consulenze per istituti e società estere di alto profilo. Tra queste, figurano collaborazioni con il Max Plank Institute per esperimenti al Cern di Ginevra, studi per il Politecnico federale di Losanna e attività scientifiche per Synaptics, oltre a seminari e cessione di materiali didattici. Il problema centrale non è solo l'attività extra, ma il fatto che l'Università Bicocca non avesse mai concesso l'autorizzazione necessaria. Inoltre, i compensi non sarebbero stati fatturati direttamente dal professore, ma schermati attraverso società "veicolo" situate in Paesi come Singapore, Albania, Svizzera e Panama.
Il meccanismo dell'evasione e la condanna
Secondo le indagini della GDF, il professore avrebbe utilizzato questo schema estero per documentare operazioni fittizie, ottenendo poi i compensi in contanti o tramite carte di credito, al netto delle commissioni per l'intermediazione. Sebbene il docente abbia in seguito regolarizzato la sua posizione fiscale presentando dichiarazioni integrative e versando il dovuto all'Erario, la Corte dei Conti ha rilevato un danno per l'ateneo. I giudici hanno sottolineato come l'attività fosse abituale e sistematica, e la condanna (ora definitiva in appello) si basa sul danno all'immagine e sulla violazione del rapporto di esclusività con l'ente pubblico.