Violenza scolastica a Modena, CNDDU: 'Serve un piano nazionale sulla cultura alla legalità'
Dopo i fatti al “Corni” e “Barozzi”, il CNDDU chiede un piano per la legalità. Per fermare la violenza scolastica non bastano punizioni, serve sicurezza educativa.


La violenza scolastica a Modena (istituti "Corni" e "Barozzi") non è un caso isolato. Questi episodi gravi evidenziano un deterioramento sociale e un disagio giovanile diffuso. È il segnale di una crisi educativa che richiede interventi strutturali, non solo emergenziali. La nota stampa CNDDU.
Modena, violenza negli istituti “Corni” e “Barozzi”: proposto piano nazionale per ricostruire la cultura della legalità e della sicurezza educativa
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, a seguito dei gravi episodi avvenuti negli istituti “Corni” e “Barozzi” di Modena, esprime profonda preoccupazione per il riemergere di fenomeni di violenza scolastica che evidenziano un deterioramento del tessuto educativo e sociale del Paese. Tali eventi, che hanno coinvolto adolescenti in atti di aggressione fisica e comportamenti pericolosi, non sono episodi isolati, ma segnali di una crisi diffusa nella percezione del limite, del rispetto e della legalità.
La scuola, presidio democratico e comunità formativa, si trova oggi a gestire un disagio giovanile sempre più complesso, amplificato dalla solitudine relazionale e dall’indebolimento dei riferimenti educativi. È urgente potenziare la cultura della legalità, intesa non solo come conoscenza delle norme, ma come interiorizzazione dei principi di giustizia, responsabilità e solidarietà. Senza legalità interiore — quella che nasce dal riconoscimento del valore dell’altro — nessun regolamento o controllo potrà mai garantire sicurezza.
Il CNDDU sottolinea come la violenza scolastica rappresenti il sintomo di un vuoto educativo che non si colma con misure punitive. La psicopedagogia contemporanea evidenzia che i comportamenti aggressivi derivano spesso da una carenza di alfabetizzazione emotiva e di empatia sociale. Quando i giovani non ricevono modelli coerenti di autorevolezza, dialogo e rispetto, tendono a costruire appartenenze devianti e modalità reattive di autoaffermazione.
Per affrontare questa emergenza non servono nuove circolari, ma un cambio culturale profondo. La sicurezza scolastica deve poggiare su basi relazionali e psicologiche solide: una scuola che educa alla legalità deve essere anche una scuola che educa alla consapevolezza emotiva e al pensiero critico. La prevenzione passa attraverso la promozione di ambienti “affettivamente sicuri”, in cui l’ascolto sostituisce il giudizio e la relazione diventa il primo strumento educativo.
Il CNDDU invita a un piano nazionale che integri la formazione dei docenti con competenze di psicologia educativa e mediazione relazionale, prevedendo la presenza stabile di figure professionali di supporto — psicologi scolastici, pedagogisti, counselor — e la creazione di laboratori permanenti di educazione civica e affettiva. È necessario un approccio integrato che unisca l’educazione ai diritti umani con quella alla cittadinanza responsabile, favorendo pratiche di giustizia riparativa, cooperazione e partecipazione attiva.
Le evidenze della psicopedagogia avanzata e delle neuroscienze affettive mostrano che la regolazione emotiva, la capacità di immedesimarsi e la costruzione del senso morale si sviluppano in contesti empatici e cooperativi. Solo una scuola che educa alla reciprocità può prevenire la violenza, perché trasforma l’energia conflittuale in responsabilità condivisa.
Ricostruire la cultura della legalità significa restituire ai giovani il valore del patto sociale, della parola data e del rispetto delle regole come garanzia di libertà. È tempo di riportare l’educazione al centro del dibattito pubblico, restituendo alla scuola il ruolo di motore etico e civile della comunità.
prof. Romano Pesavento, presidente CNDDU