Aumento stipendi dei dirigenti pubblici: il caso Arera fa 'indignare' la scuola

Nuove polemiche sul tentativo di aumentare gli stipendi dei dirigenti pubblici di Arera: intanto le retribuzioni del comparto scuola vanno a picco.

07 dicembre 2025 10:00
Aumento stipendi dei dirigenti pubblici: il caso Arera fa 'indignare' la scuola - ARERA
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La questione degli stipendi dei dirigenti pubblici torna al centro del dibattito dopo i tentativi di adeguamento al rialzo da parte dei vertici Arera e del Cnel. Mentre la Consulta ha recentemente rimosso il tetto retributivo del 2014, cresce l'indignazione per il divario con le retribuzioni del personale scolastico, le quali rimangono ferme a cifre decisamente inferiori rispetto ai manager di Stato.

Il precedente del Cnel e la sentenza della Consulta

La discussione sulle retribuzioni dei vertici statali si è riaccesa in seguito a una recente sentenza della Corte Costituzionale. Nel mese di luglio, la Consulta ha rimosso il limite massimo di 240.000 euro annui per gli stipendi dei dirigenti pubblici, un tetto che era stato introdotto nel 2014 per contenere la spesa pubblica.

Questa novità normativa ha aperto la strada a richieste di adeguamento salariale. Il primo a muoversi in questa direzione è stato Renato Brunetta, attuale presidente del Cnel ed ex ministro della Pubblica Amministrazione, il quale ha tentato di portare il proprio compenso da circa 250.000 a 310.000 euro annui.

La notizia del possibile aumento ha suscitato un forte sdegno nell'opinione pubblica e reazioni politiche contrastanti. Anche la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso il proprio dissenso definendo l'operazione "non condivisibile", bloccando di fatto l'equiparazione dello stipendio dell'ex ministro a quello del primo Presidente della Corte di Cassazione.

La richiesta di adeguamento per gli stipendi dei dirigenti pubblici di Arera

Sulla scia delle novità giurisprudenziali, anche i vertici di Arera (l'Autorità di regolazione per Energia, Reti e Ambiente) hanno avviato procedure simili. Nonostante percepissero già il massimo consentito dalla legge precedente, i commissari uscenti hanno approvato una delibera specifica il 25 novembre, a pochi giorni dalla scadenza del loro mandato.

Il documento, intitolato "abrogazione del limite retributivo dei dipendenti pubblici", prevedeva un accantonamento di fondi per rideterminare gli emolumenti. Nello specifico, la variazione di bilancio stimava un aumento pari a 70.000 euro per il Presidente e i componenti del Collegio, da spalmare sugli ultimi cinque mesi dell'anno.

Questo incremento si tradurrebbe in circa 2.800 euro in più al mese per ciascun commissario. Tuttavia, l'operazione è stata momentaneamente congelata grazie a un parere giuridico preventivo, lo stesso utilizzato per bloccare simili aumenti all'Inps, che ha chiarito come la sentenza della Consulta non autorizzi automatismi al rialzo senza un intervento normativo del governo.

Le reazioni della politica agli aumenti

Le notizie riguardanti i tentativi di aumento salariale hanno generato aspre critiche da parte delle opposizioni parlamentari. Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi e Sinistra ha definito l'episodio "poco dignitoso", sottolineando come l'Autorità non sia riuscita a tutelare efficacemente le bollette delle famiglie italiane.

Anche dal fronte di Italia Viva sono giunte condanne nette verso l'operato dei commissari. La senatrice Raffaella Paita ha giudicato "indecoroso" quello che ha definito un regalo di fine mandato, mentre la collega Silvia Fregolent ha parlato di uno "schiaffo in faccia a pensionati e giovani", evidenziando la mancanza di risorse per settori cruciali come scuola e sanità.

Il confronto con le retribuzioni nel mondo della scuola

Mentre si discute di compensi che sfiorano i 300.000 euro, l'analisi dei dati Inps evidenzia una realtà ben diversa per altri dipendenti statali. I lavoratori del comparto scuola risultano infatti tra i meno pagati della pubblica amministrazione, con un divario retributivo che appare sempre più marcato rispetto ai ruoli dirigenziali.

Secondo le ultime rilevazioni sui compensi del 2024, la situazione economica del personale scolastico presenta le seguenti criticità:

Questi livelli retributivi, specialmente nelle grandi città del Nord Italia, pongono i lavoratori della scuola in una condizione economica complessa. Gli ultimi aumenti contrattuali, pari a circa il 6% (una media di 80 euro netti), non sembrano sufficienti a contrastare un'inflazione galoppante che viaggia a velocità tripla, avvicinando molti stipendi alla soglia di povertà denunciata dai sindacati.

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