Crollo dei lavoratori in Italia: emergenza Sud, dati ISTAT 2050

L'Italia affronterà un calo drastico di lavoratori entro il 2050. L'analisi Istat mostra un'emergenza demografica che colpirà soprattutto il Sud.

03 novembre 2025 12:00
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Il numero di lavoratori in Italia è destinato a un drastico calo. L'invecchiamento della popolazione e la bassa natalità mettono a rischio la forza lavoro del Paese. Le proiezioni Istat fino al 2050 indicano un'emergenza, con il divario Nord-Sud destinato ad acuirsi. Il Mezzogiorno subirà la contrazione più severa, creando uno svuotamento produttivo.

La crisi demografica e la contrazione dell'età lavorativa

Il cuore del problema che l'Italia sta affrontando risiede in una dinamica demografica avversa. La fascia di popolazione considerata in età lavorativa, quella compresa tra i 15 e i 64 anni, sta vivendo una diminuzione costante e preoccupante. Se nel 2004 questa coorte rappresentava il 66,7% del totale, nel 2024 la percentuale è già scesa al 63,5%. Le proiezioni future aggravano ulteriormente questo scenario: l'Istat prevede un crollo verticale al 54,3% entro il 2050. Si tratta di una contrazione strutturale di 9,1 punti percentuali rispetto alla situazione attuale. Questo fenomeno non è casuale, ma è il risultato di una combinazione di fattori: un basso tasso di natalità persistente, il progressivo allungamento della vita media e un ingresso posticipato nel mondo del lavoro, spesso legato ai percorsi formativi prolungati.

Il divario dei lavoratori in Italia: Sud contro Centro-Nord

L'analisi previsionale diventa ancora più critica quando si osserva la scomposizione geografica. Il report Istat, datato 21 ottobre 2025, evidenzia come il Mezzogiorno sia destinato a soffrire maggiormente. Sebbene si preveda una crescita del tasso di attività anche al Sud (+5,8%), simile a quella del Nord Italia, il punto di partenza è nettamente sfavorevole. Nel 2024, il tasso di partecipazione meridionale è del 56,1%, lontanissimo dal 72,3% del Nord-Ovest e dal 73,1% del Nord-Est. Entro il 2050, il tasso al Sud raggiungerà il 61,9%, ma il divario con il Centro-Nord rimarrà sostanzialmente inalterato, poiché le altre aree convergeranno verso tassi superiori al 77%. Il dato nazionale complessivo sulla popolazione 15-64 anni peggiora il quadro: si stima una diminuzione del 21% tra il 2024 e il 2050 a livello nazionale, ma questa perdita non sarà distribuita uniformemente.

L'impatto sul Mezzogiorno e il ruolo delle lavoratrici

Nel Centro-Nord, l'aumento del tasso di attività è trainato in modo significativo dalla maggiore partecipazione femminile. Nonostante l'Italia parta da livelli inferiori rispetto ad altre nazioni europee, il divario di genere si sta lentamente riducendo. Le proiezioni Istat indicano che entro il 2050 il tasso maschile salirà al 79,3% e quello femminile al 66,5%, riducendo il gap. Tuttavia, le proiezioni per il Mezzogiorno restano allarmanti. Al Sud si prevede una flessione drastica della popolazione attiva: -25% per gli uomini (da 4,4 a 3,3 milioni) e -23% per le donne. Sebbene anche gli inattivi diminuiranno, il Sud mantiene storicamente alti tassi di inattività, specialmente femminile. Questa combinazione di fattori demografici e tassi di partecipazione inferiori condurrà il Mezzogiorno verso un inevitabile svuotamento produttivo.

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