Docente per l’inclusione, ANDIS: riforma o solo un cambio di nome?

La proposta di legge sul "docente per l’inclusione" analizzata dall'ANDIS. Tra potenziale pedagogico e rischi di un restyling terminologico.

06 novembre 2025 18:00
Docente per l’inclusione, ANDIS: riforma o solo un cambio di nome? - ANDIS
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La proposta di introdurre il docente per l’inclusione al posto del docente di sostegno divide. L'Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici (ANDIS) analizza la novità. Sebbene il termine abbia un alto valore pedagogico, il rischio è una mera operazione lessicale. L'allarme principale riguarda l'invarianza finanziaria e la possibile deresponsabilizzazione dei docenti curriculari.

Il valore pedagogico e i rischi della delega

L'Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici (ANDIS) ha presentato le sue osservazioni sulla proposta di legge (C. 2303) che mira a sostituire la dicitura "docente di sostegno" con "docente per l’inclusione". L'ANDIS riconosce l'alto potenziale simbolico e pedagogico del termine "inclusione", ma esprime forti perplessità. Il timore principale è che la modifica si traduca in una semplice sostituzione terminologica, senza incidere sulla sostanza. Il rischio più grande identificato è quello della delega speciale. Introdurre una figura specificamente etichettata "per l'inclusione" potrebbe, paradossalmente, deresponsabilizzare i docenti curricolari, portandoli a considerare l'inclusione come un compito esclusivo del collega specializzato, anziché un dovere collettivo dell'intera comunità scolastica.

Inclusione: un processo collettivo, non individuale

L'inclusione, sottolinea l'ANDIS, è un processo complesso che non riguarda solo gli alunni con disabilità, ma qualsiasi studente che necessiti di supporto per un inserimento attivo. La normativa italiana, dalla Legge 104/92 ai successivi decreti (D.Lgs. 66/2017 e 96/2019), promuove un modello basato sull'individualizzazione e personalizzazione che richiede la massima collaborazione. L'inclusione non può essere ricondotta a un singolo docente. È un compito morale e collettivo che coinvolge dirigenti, insegnanti, personale ATA, educatori, famiglie ed enti territoriali. Un esempio cardine è il Piano Educativo Individualizzato (PEI), che per sua natura richiede una visione inter-istituzionale e una sinergia tra tutti gli attori coinvolti nel percorso formativo.

La criticità del docente per l’inclusione: l’invarianza finanziari

L'articolo 2 della proposta di legge introduce la clausola di invarianza finanziaria, il punto più critico secondo l'associazione dei presidi. Questa clausola avvalora il rischio di una mera trasformazione lessicale. Senza risorse aggiuntive, la riforma appare svuotata. Non si prevede né un ampliamento dell'organico né un potenziamento della formazione in servizio, elementi ritenuti indispensabili per un'inclusione di qualità. La nuova denominazione, se non supportata da adeguati interventi di sistema, rischia di generare solo ambiguità amministrative e confusione sui ruoli. Gli operatori temono che, cambiando solo il nome, le scuole si ritrovino ad affrontare gli stessi problemi strutturali: precariato, elevata rotazione del personale, e carenza di docenti specializzati.

Le proposte per una riforma efficace oltre il nome

Per evitare che l'operazione resti puramente simbolica e si trasformi in un reale potenziamento, l'ANDIS suggerisce interventi strutturali concreti. L'obiettivo deve essere quello di superare le criticità attuali, come il massiccio precariato, garantendo una maggiore integrazione del docente specializzato nel team curricolare. Per una trasformazione reale, l'associazione ritiene necessari:

  • Una definizione chiara del profilo del "docente per l’inclusione", specificando competenze, formazione e responsabilità.

  • La previsione di risorse dedicate e un piano di investimento per formazione e organico aggiuntivo.

  • Strumenti per garantire la continuità didattica, limitando il turn over del personale.

  • Formazione permanente per tutti i docenti (curricolari e specializzati) sui principi della Didattica Universale (UDL) e sul modello ICF.

  • Una progettazione collegiale e condivisa, promuovendo la co-docenza.

  • Un sistema di monitoraggio e valutazione per misurare l'impatto reale del cambiamento.

  • Il coinvolgimento attivo delle associazioni e di tutte le parti sociali nel processo.

Conclusione: buone intenzioni ma rischio facciata

In sintesi, l'ANDIS apprezza l'intenzione della proposta di legge di mettere al centro la qualità dell'inclusione. Tuttavia, allo stato attuale, l'intervento è giudicato insufficiente. Il timore è che, senza modifiche strutturali profonde, senza risorse dedicate e senza strumenti attuativi forti, la novità resti un cambiamento di facciata. L'associazione dei dirigenti scolastici sottolinea che il docente specializzato è già visto dagli anni '90 come una risorsa per l'intera classe, non per il singolo alunno. Se l'obiettivo è davvero una scuola più inclusiva, il cambio di qualifica deve essere solo il primo passo di una strategia molto più ampia di investimento, formazione e riorganizzazione. Altrimenti, conclude l'ANDIS, il nome cambia, ma la sostanza resta drammaticamente la stessa.

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