Età pensionabile verso i 70 anni: l'allarme dell'OCSE

Il rapporto 2025 prevede un aumento dell'età pensionabile e assegni più leggeri a causa del calo demografico e della denatalità.

27 novembre 2025 16:00
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Il futuro previdenziale dei Paesi avanzati appare sempre più incerto secondo l'ultimo rapporto dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Lo studio evidenzia come l'età pensionabile sia destinata a crescere inesorabilmente, toccando quota 70 anni in nazioni come l'Italia a causa di un invecchiamento della popolazione senza precedenti. Questo scenario, aggravato dal calo delle nascite, mette a dura prova la sostenibilità dei bilanci pubblici e richiede riforme strutturali immediate per non compromettere il welfare delle future generazioni.

L'impatto demografico sull'età pensionabile

L'analisi internazionale traccia un quadro statistico preoccupante, in cui la pressione sui sistemi di welfare è destinata a intensificarsi drasticamente nei prossimi decenni. Le proiezioni indicano che entro il 2050 il rapporto tra cittadini anziani e popolazione attiva cambierà radicalmente: ci saranno 52 over 65 ogni 100 persone in età lavorativa, un balzo enorme rispetto ai 33 attuali. Questo squilibrio strutturale costringerà nazioni come l'Italia, insieme a Danimarca, Paesi Bassi e Svezia, a rivedere al rialzo le soglie di uscita dal mercato del lavoro, portando potenzialmente il pensionamento oltre i 70 anni. La contestuale riduzione della forza lavoro attiva, che in molti Paesi europei calerà di oltre il 30%, rappresenta una minaccia concreta per la stabilità economica, con una stimata flessione del PIL pro capite che potrebbe raggiungere il 14% entro il 2060.

Assegni ridotti e nuove sfide economiche

Il messaggio lanciato dal Segretario generale dell'organizzazione, Mathias Cormann, non lascia spazio a interpretazioni: l'allungamento dell'aspettativa di vita impone carriere professionali più estese. Tuttavia, lavorare più a lungo non garantirà necessariamente il mantenimento dello stesso tenore di vita goduto dai pensionati odierni. Le stime attuali suggeriscono che il valore delle pensioni future sarà decisamente meno generoso, con un tasso di sostituzione netto che si attesterà mediamente intorno al 63% dell'ultimo stipendio percepito. In alcune realtà specifiche, come Estonia e Irlanda, questa percentuale rischia di crollare drasticamente sotto il 40%. Si delinea pertanto uno scenario di minore sicurezza economica, nel quale i giovani lavoratori dovranno fronteggiare un sistema previdenziale molto più avaro rispetto al passato, rendendo indispensabile una pianificazione finanziaria individuale sempre più attenta e integrativa.

Il divario di genere e le riforme necessarie

Un aspetto critico che emerge con forza dal documento riguarda la persistente disparità di trattamento economico tra uomini e donne. Nonostante si registrino lievi miglioramenti rispetto al passato, le lavoratrici continuano a percepire in media assegni inferiori del 23% rispetto ai colleghi uomini, una conseguenza diretta di percorsi professionali spesso frammentati e livelli retributivi mediamente più bassi. Sebbene le pensioni di reversibilità aiutino a mitigare parzialmente questo fenomeno, il gap rimane un problema strutturale irrisolto. Per evitare il collasso del sistema, l'OCSE invita i governi ad adottare una strategia politica integrata che vada oltre la semplice riforma previdenziale. Risulta fondamentale intervenire sui servizi di cura per l'infanzia e rimuovere i disincentivi fiscali, promuovendo attivamente l'occupazione femminile qualificata nei settori tecnici e scientifici per rendere la transizione demografica gestibile.

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