Garante privacy, Presidente Stanzione: "Nessuna dimissione"
Polemiche sull'indipendenza del Garante privacy. Stanzione difende l'ente dalle accuse di Report e dalle richieste politiche di dimissioni.
Il presidente del Garante privacy, Pasquale Stanzione, ha escluso le dimissioni del collegio, rispondendo alle polemiche innescate da inchieste televisive. La controversia riguarda la presunta mancanza di autonomia dell'autorità e i potenziali conflitti di interesse di alcuni suoi membri. Le richieste di dimissioni, avanzate sia dall'opposizione che da settori della maggioranza, mettono in luce la delicata natura delle autorità indipendenti in Italia.
La difesa del Garante e le accuse di Report
Il presidente Pasquale Stanzione ha respinto con fermezza le richieste di dimissioni rivolte al collegio del Garante per la protezione dei dati personali, affermando l'intenzione di proseguire il mandato nonostante le crescenti pressioni politiche. Questa dichiarazione giunge al culmine di settimane di intense polemiche, scaturite da una serie di inchieste della trasmissione televisiva Report, che hanno sollevato dubbi sull'effettiva autonomia dell'autorità indipendente.
Le accuse principali puntano a una presunta contiguità con l'attuale maggioranza di governo e a potenziali conflitti di interesse che minerebbero la terzietà dell'ente. Stanzione ha definito queste insinuazioni come "totalmente infondate", interpretandole come un tentativo di delegittimare l'azione dell'autorità, specialmente quando le sue decisioni risultano scomode o sgradite al potere politico, ribadendo che l'autonomia si manifesta proprio nel prendere decisioni talvolta favorevoli e talvolta contrarie al governo.
Il ruolo della politica e la nomina del Garante privacy
La richiesta di dimissioni del collegio del Garante privacy è stata avanzata in modo compatto dalle attuali forze di opposizione, Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, creando un paradosso politico evidente, dato che gli attuali componenti furono nominati nel 2020 proprio durante il secondo governo Conte, sostenuto da quella stessa maggioranza. Le autorità garanti, come quella per la privacy, sono concepite per vigilare su settori delicati, come il trattamento dei dati personali, e dovrebbero operare in totale indipendenza dal potere politico, sebbene la realtà delle nomine sia spesso intrecciata con gli equilibri parlamentari e la fiducia dei partiti.
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha sottolineato l'incompetenza del governo nell'azzerare il collegio, rimarcando come solo i membri stessi possano decidere di terminare il mandato. Tuttavia, altri esponenti di Fratelli d’Italia, come Giovanni Donzelli, hanno mostrato apertura a un ricambio, evidenziando una frattura nelle posizioni della maggioranza, pur ribadendo l'impossibilità di un intervento governativo diretto.
Le inchieste e i presunti conflitti di interesse
La controversia si è accesa in seguito a una sanzione di 150mila euro inflitta dal Garante alla Rai per la diffusione da parte di Report di una conversazione privata dell'ex ministro Sangiuliano, decisione che la trasmissione ha contestato. Report ha risposto documentando presunti legami tra il componente Agostino Ghiglia e Fratelli d’Italia, mostrando una sua visita alla sede del partito e diffondendo un audio in cui Ghiglia menzionava un incontro con Arianna Meloni, sorella della premier.
Il Garante ha reagito diffidando formalmente la trasmissione dal mandare in onda quest'ultimo audio, sostenendo una presunta acquisizione illecita di dati, accusa che Report ha negato con decisione. L'inchiesta si è poi estesa all'analisi delle spese del collegio e a una presunta riduzione di una sanzione a Meta, che secondo la trasmissione sarebbe avvenuta dopo un incontro tra Ghiglia e un dirigente della multinazionale, ricostruzione definita "destituita di ogni fondamento" dall'autorità.