Opzione Donna e Quota 103 cancellate in Manovra: stop all'uscita anticipata?
La Manovra 2026 cancella Opzione Donna e Quota 103. Aumenta l'età pensionabile per tutti, si va verso un sistema previdenziale più rigido.


Stop definitivo per Opzione Donna nella Manovra 2026. Il Governo sceglie di eliminare la misura di uscita anticipata per le donne, segnando un netto cambio di rotta. La decisione rientra in una revisione più ampia del sistema previdenziale italiano, che vede anche la cancellazione di Quota 103. Si va verso un aumento dell'età pensionabile, allineato alle stime Istat sulla speranza di vita.
La cancellazione di Opzione Donna e Quota 103
L'ultima bozza della Legge di Bilancio per il 2026 conferma le indiscrezioni che circolavano da settimane: Opzione Donna non verrà prorogata. Questa misura, molto discussa, consentiva alle lavoratrici, sia dipendenti che autonome, di accedere alla pensione anticipata con requisiti agevolati. Erano necessari almeno 35 anni di contributi e un'età anagrafica di 61 anni, sebbene l'accesso fosse vincolato a condizioni specifiche e stringenti. Già nelle scorse manovre, la misura era stata fortemente ridimensionata, limitando l'accesso solo a caregiver, invalide (con almeno il 74% di invalidità) o dipendenti di imprese in crisi. La sua eliminazione definitiva chiude un capitolo importante per la flessibilità previdenziale femminile. Stessa sorte tocca a Quota 103, lo strumento che permetteva l'anticipo con 62 anni e 41 di contributi, a patto del ricalcolo interamente contributivo.
Pensioni: i nuovi requisiti anagrafici dal 2027
La stretta sulla flessibilità in uscita si accompagna a un inevitabile aumento dei requisiti anagrafici per tutti i lavoratori. L'obiettivo del Governo è adeguare il sistema all'aumento della speranza di vita, come certificato dalle ultime stime dell'Istat. L'esecutivo ha scelto di "spalmare" l'aumento di tre mesi, che sarebbe scattato interamente nel 2027, su un biennio. Concretamente, dall'1 gennaio 2027, la pensione di vecchiaia richiederà 67 anni e un mese di età. Parallelamente, la pensione anticipata (basata esclusivamente sui contributi) salirà a 42 anni e 11 mesi (resta un anno di sconto per le donne). Dall'1 gennaio 2028, i requisiti si inaspriranno ulteriormente: si andrà in pensione a 67 anni e tre mesi (vecchiaia) o con 43 anni e un mese di contributi (anticipata).
Le alternative residue e la protesta dei sindacati
Con la sparizione di Opzione Donna e Quota 103, le opzioni di flessibilità si riducono drasticamente. Rimangono attive, secondo la bozza della Manovra, l'Ape Sociale, l'anticipo pensionistico rivolto a chi svolge lavori gravosi e ad altre categorie protette (come disoccupati o invalidi), e il Bonus Maroni. Quest'ultimo è un incentivo economico riconosciuto a chi decide di continuare a lavorare pur avendo maturato i requisiti per la pensione anticipata. La decisione del Governo ha scatenato dure reazioni. La Cgil, tramite la segretaria confederale Lara Ghiglione, definisce la scelta "l'ennesimo schiaffo" al lavoro femminile. Il sindacato critica l'assenza di tutele per le carriere frammentate, per il lavoro di cura (spesso a carico delle donne) e la mancanza di una pensione di garanzia per i giovani precari. La Cgil ha indetto una manifestazione nazionale a Roma per il 25 ottobre.