TFR supplenti, ritardi nei pagamenti INPS: Anief avvia i ricorsi per i recuperi

L'INPS ritarda i pagamenti del TFR ai supplenti oltre i 15 mesi. Il sindacato Anief avvia i ricorsi per il recupero e contesta la trattenuta del 2,5%.

10 giugno 2025 22:56
TFR supplenti, ritardi nei pagamenti INPS: Anief avvia i ricorsi per i recuperi - Quantificazione TFR e del TFS
Quantificazione TFR e del TFS
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La gestione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) per il personale precario della scuola rappresenta una questione complessa e delicata. Migliaia di docenti e lavoratori del comparto Amministrativo, Tecnico e Ausiliario (Ata) con contratti a tempo determinato si trovano ad affrontare attese prolungate per la liquidazione delle somme loro spettanti al termine di una supplenza. L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), ente preposto all'erogazione, supererebbe sistematicamente la scadenza di 15 mesi fissata dalla normativa vigente. Di fronte a questa situazione, il sindacato Anief ha annunciato l'avvio di azioni legali mirate al recupero coatto delle spettanze, sottolineando le difficoltà economiche che tali ritardi comportano per i lavoratori più fragili del settore scolastico.

I ritardi dell'INPS e l'azione legale

La tempistica per la liquidazione del TFR ai supplenti da parte dell'INPS è al centro delle proteste sindacali. Secondo la legge, l'accredito dovrebbe avvenire entro un massimo di 15 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Tuttavia, le segnalazioni indicano ritardi che vanno ben oltre questo termine. Il sindacato Anief evidenzia come questa inefficienza provochi notevoli disagi al personale precario, spesso costretto a sostenere spese per affitti e trasferte senza poter contare su queste somme. Per questo motivo, sono stati avviati specifici ricorsi per ottenere il recupero forzato degli importi dovuti ai lavoratori della scuola.

Una trattenuta ritenuta discriminatoria

Oltre alla questione dei ritardi, Anief contesta la legittimità della trattenuta del 2,5% applicata sullo stipendio dei neo-assunti a partire dal 2001. Questa detrazione, finalizzata al finanziamento del TFR, è considerata discriminatoria perché non trova applicazione per gli altri dipendenti del pubblico impiego né per quelli del settore privato. Per promuovere l'abolizione di questa misura e garantire la parità di trattamento, il sindacato ha lanciato una petizione nazionale online, cercando di mobilitare docenti e personale Ata verso un obiettivo comune di equità retributiva.

Il quadro normativo e il passaggio da TFS a TFR

La controversia sulla trattenuta affonda le sue radici nella privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego. La legge n. 448/1998 ha stabilito il passaggio dal regime di Trattamento di Fine Servizio (TFS) a quello di Trattamento di Fine Rapporto (regime TFR) per i neo-assunti dal 1° gennaio 2001. Questa modifica ha introdotto una trattenuta del 2,5% su circa l'80% dello stipendio, una condizione non prevista per i lavoratori privati dall'articolo 2120 del Codice Civile. La normativa attuale crea quindi una disparità di trattamento che i sindacati chiedono di sanare.

Il richiamo della Corte Costituzionale

A sostegno della battaglia per l'equità retributiva vi è anche una pronuncia della Corte Costituzionale. Con la sentenza n. 213/2018, la Consulta ha sottolineato l'importanza di "salvaguardare la parità di trattamento contrattuale e retributivo" come presidio ineludibile del diritto a una retribuzione proporzionata e sufficiente. Questa sentenza costituisce un punto di riferimento fondamentale per le azioni legali e le rivendicazioni sindacali, che sollecitano un intervento legislativo per adeguare la normativa e rimuovere le disparità esistenti tra i lavoratori.

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