Tfs dipendenti pubblici: costi ancora elevati, cosa chiede Anief?
Per il Tfs dipendenti pubblici servono ancora le banche nel 2026. Anief chiede pagamenti immediati e lo stop alle trattenute ingiuste.
La questione del Tfs dipendenti pubblici resta accesa. Nonostante le novità della Manovra, nel 2026 l'anticipo bancario costerà caro. Il sindacato Anief protesta duramente, chiedendo l'erogazione immediata della liquidazione e la fine delle penalizzazioni economiche per i lavoratori.
Ritardi nei pagamenti e costi bancari
La legge di Bilancio prevede modifiche per il futuro, ma la strada è lunga. Solo dal 2027 l'attesa per la prima rata scenderà a nove mesi. Per il prossimo anno, chi necessita di liquidità immediata dovrà ricorrere agli istituti di credito. Questo comporta un tasso di interesse significativo, che nel 2025 è rimasto sopra il 3%. Si stima un costo di circa 1.500 euro per anticipare cifre fino a 45mila euro. Una situazione che costringe molti a pagare per ottenere denaro proprio, mentre il Tfs dipendenti pubblici rimane bloccato nelle casse statali per tempi troppo lunghi.
La critica del sindacato sul Tfs dipendenti pubblici
Il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, giudica inaccettabile l'attuale gestione. Secondo il sindacalista, è inconcepibile che una somma maturata con i soldi dei lavoratori non sia disponibile subito dopo la pensione. La liquidazione viene infatti finanziata mensilmente tramite una trattenuta dell'8,8% in busta paga. Pacifico sottolinea come lo Stato calcoli figurativamente questi importi ma poi ritardi l'erogazione effettiva. La richiesta è chiara: la liquidazione deve essere data subito, senza attendere i tempi burocratici previsti dalle nuove normative che spostano le soluzioni reali troppo in avanti nel tempo.
Disparità di trattamento con il privato
Un altro punto critico sollevato riguarda la differenza con il settore privato. Per i lavoratori assunti dopo il 2000 in regime di TFR, viene applicata una trattenuta del 2,5% che non trova riscontro nelle aziende private. Qui, infatti, la liquidazione è totalmente a carico del datore di lavoro. Il personale scolastico e statale si trova così doppiamente svantaggiato. È necessario eliminare questo prelievo forzoso per garantire equità e tutelare il potere d'acquisto dei neo-pensionati, evitando che i dipendenti pubblici subiscano regole diverse e penalizzanti rispetto al resto del mercato del lavoro.